Page 13 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 16-2014
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Roma, Museo Nazionale Romano	     Collezione di Vittorio Emanuele III
BdN online, Materiali 16 (2014)                           Marco Bazzini

18 aprile 131591. Il termine utilizzato nel documento del 1303 è ambroxinis aureis, mentre la lista
della Marciana cita gli ambrosini de Melano a carati XXIIII. Nella raccolta di Vittorio Emanuele III
è presente un esemplare di quello che molti studiosi hanno identificato proprio come l’ambrogino
d’oro citato in queste fonti d’inizio Trecento. Esso si trovava inizialmente a Torino nella Reale Rac-
colta Privata, dove era entrato a farne parte prima del 1867 poiché in quell’anno Domenico Promis
ne pubblicò descrizione e disegno in una delle sue Memorie92. Come si ricava dal cartellino che
l’accompagna, nel 1901 l’ambrogino passò a far parte della Collezione Reale e fu successivamente
elencato nel CNI, sul quale per la prima volta ne venne anche pubblicata un’immagine fotografica.
Oltre a quello qui censito se ne conoscono solamente altri due esemplari: uno facente parte della
ex collezione di Pietro Verri, ora proprietà di Banca Intesa-San Paolo, mentre il terzo appartiene
alle collezioni numismatiche del Castello Sforzesco di Milano93. La moneta di Vittorio Emanuele III
e quella dell’ex collezione Verri provengono dalla stessa coppia di conî, mentre l’esemplare del
medagliere milanese possiede alcune caratteristiche che lo differenziano dai primi due e che, a mio
parere, lo rendono fortemente sospetto94.

      Pietro Verri95, che per primo ne rese nota l’esistenza, ritenne l’ambrogino d’oro coniato attorno
al 1260 e con tale datazione concordarono in seguito quasi tutti gli studiosi che se ne occuparono.
Nel 1911 Mazzi avanzò però l’ipotesi che, per motivi di carattere storico e stilistico, l’ambrogino “coi
tre santi” non potesse essere stato emesso prima del 19 giugno 1311. Pertanto gli ambroxinis aureis
citati dal documento del 1303, restavano sconosciuti96. In seguito Bernareggi, citando la questione
dell’ambrogino d’oro a margine di un articolo sul fiorino d’oro di Azzo Visconti, ritenne convincen-
te l’ipotesi di Mazzi97. Personalmente, credo anch’io che per le caratteristiche stilistiche di questa
moneta, l’idea di una sua produzione nella seconda metà del Duecento non sia più sostenibile,
ma debba invece attribuirsi ad epoca successiva. Bernareggi la datò intorno al 1311, all’epoca di
Enrico VII, e tale ipotesi mi appare convincente, sebbene per il momento non ci siano elementi in
grado di avvalorarla. Si potrebbe effettivamente trattare, come avanzato da Mazzi, di un’emissione
in un certo senso “celebrativa”, forse battuta da Matteo Visconti a nome del Comune di Milano nel
momento della sua elevazione a vicario imperiale il 13 luglio 131198, oppure qualche mese prima,
per festeggiare l’incoronazione di Enrico VII a re d’Italia il 6 gennaio 1311. Alcune caratteristiche
nella rappresentazione dei santi Gervasio e Protasio e nella figura di sant’Ambrogio, con folta barba
e chiroteche, avvicinano questa moneta a quelle battute dopo l’incoronazione imperiale del 131299.

      La grida del 18 aprile 1315 fissava il cambio dell’ambrosino d’oro in trenta soldi d’imperiali,
identico a quello di fiorino, ducato e genovino d’oro.

Monete a nome di Enrico VII di Lussemburgo (cat. nn. 322-360)
      Non sappiamo se quando Enrico VII di Lussemburgo arrivò in Italia (fine 1310) avesse già in

mente di riformare la monetazione del Regnum Italicum. È comunque certo che se ne occupò ben
presto poiché sono noti alcuni editti in materia di monete da lui emessi prima ancora di essere inco-
ronato imperatore (29 giugno 1312). Non è possibile esaminare qui dettagliatamente questi rescrit-
ti100, ma si farà cenno ad alcuni di essi dal momento che risultano importanti per la catalogazione
delle monete e per le proposte di datazione delle emissioni101. Il documento più antico tra quelli
che si sono conservati è del 10 agosto 1311 e contiene, tra altre disposizioni, indicazioni dettagliate
sulle tipologie di monete da coniare nelle zecche del Regnum: denari imperiali, imperiali grossi
e monete d’oro. Di tutti e tre i nominali il documento dà titolo e peso. È probabile che le monete
d’oro non siano mai state coniate, mentre lo furono i denari imperiali e i grossi, benché con carat-
teristiche leggermente differenti rispetto a quanto indicato nell’editto102.

      Alcuni documenti citati da Spufford sembrano testimoniare che in Lombardia nella seconda metà
del 1311, per un breve periodo, le disposizioni del bando ebbero concreta attuazione. Si tratta di po-

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