Page 16 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 16-2014
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Roma, Museo Nazionale Romano	     Collezione di Vittorio Emanuele III
BdN online, Materiali 16 (2014)                           Marco Bazzini

ne indicano il titolo in 840 ‰120. Ignoriamo quale fosse il reale valore di cambio della moneta. Bellesia,
che la identifica in un doppio tirolino, ritiene possa trattarsi di una moneta dal valore di un soldo121.
Se il titolo indicato dagli Gnecchi è esatto, il fino contenuto in queste monete doveva essere di ca. g
2,35. Il suo rapporto con il fino contenuto nell’ambrogino grosso ne suggerirebbe quindi un valore
di sedici denari imperiali nuovi122. Si noti che negli statuti del Comune di Parma già citati un identico
rapporto di cambio è attribuito a una moneta dal peso di ca. g 2,74, dunque molto vicino a quello
medio calcolato per il grosso “con l’aquila”123. La sua coniazione forse cessò con l’assunzione della co-
rona imperiale da parte di Enrico VII nel giugno del 1313, ma non se ne può avere la certezza. Anche
il nome da assegnarle è sconosciuto: viene qui utilizzato quello generico di imperiale grosso, che negli
editti è impiegato per definire in generale la monetazione grossa, ma la questione andrebbe indagata
meglio, con una ricerca capillare nelle fonti documentarie che ancora non è stata fatta.

Denari imperiali “nuovi” (cat. nn. 336-342)
      Gli ultimi denari imperiali emessi poco prima della venuta in Italia di Enrico VII erano ancora

a nome di Fredericus imperator. Il suo arrivo e la volontà di riformare le zecche del Regnum portò
all’introduzione del nome del nuovo sovrano anche su queste monete. Nel campo del dritto, al po-
sto delle lettere iprt disposte intorno a una rosetta, fu messa una croce patente o potenziata con la
leggenda henricvs rex. Il rovescio è ancora occupato dal nome della città su più righe, come nelle
precedenti emissioni, ma al posto delle rosette vi sono due trifogli accantonati da globetti, come nei
più vecchi denari imperiali. Gli esemplari presenti in Collezione sono sette i cui pesi variano da g
0,67 a 0,4, con un peso medio di ca. g 0,6 (cat. nn. 336-342). Il Corpus riporta per queste monete
alcune varianti presenti in esemplari della Bibliothèque Nationale de France e delle Civiche Rac-
colte Numismatiche di Milano, delle quali, anche in questo caso, sarebbe opportuna una verifica.
L’esemplare cat. n. 337 possiede realmente la leggenda i (me) / diola / m(?)vn, indicata sul CNI V, p.
63, n. 27, ma a differenza di quanto segnalato nella scheda del Corpus, nell’ultima riga è presente
il trifoglio accantonato dai due globetti.

      Il titolo indicato dagli Gnecchi per il denaro milanese a nome di Henricus rex è di ca. 228 ‰124.
Cercando di riportarlo a quello di fine Duecento125, Enrico VII tentava forse di attuare una rivaluta-
zione del denaro imperiale per farne la base della sua riforma monetaria?

      L’inizio delle emissioni d’imperiali a nome di re Enrico è incerto. L’editto del 7 novembre
1311 indica che a quella data erano già coniati, ma è dubbio se la battitura sia iniziata subito dopo
l’arrivo del re a Milano o in seguito. Credo comunque che la loro produzione non sia cessata con
la morte di Enrico nell’agosto del 1313. Queste monete sono oggi relativamente di facile reperi-
bilità e ciò potrebbe essere indice di emissioni abbondanti, protrattesi per un periodo più ampio
dei pochi mesi intercorsi tra l’incoronazione del gennaio 1311 e quella imperiale del giugno 1312.
Inoltre sembra impossibile pensare che Milano per quasi quindici anni non abbia coniato il no-
minale più importante per il commercio cittadino al dettaglio126. Infine, la somiglianza tra questi e
le prime emissioni di denari imperiali a nome di Ludovico il Bavaro (cfr. cat. n. 364) fa pensare a
una vicinanza temporale tra le due monetazioni. Bisogna dunque attribuire alle signorie di Matteo
Visconti (1311-1322) e Galeazzo I Visconti (1322-1328) parte delle emissioni di denari imperiali
nome di Enrico VII127.

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