Page 15 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 16-2014
P. 15

Roma, Museo Nazionale Romano	     Collezione di Vittorio Emanuele III
BdN online, Materiali 16 (2014)                           Marco Bazzini

il doppio dell’altro. La tipologia, identica in entrambe le monete, è analoga a quella degli ultimi
ambrogini “repubblicani”. Lo stile è però differente, con la figura del santo più stilizzata e la sedia
vescovile, benché di forma simile a quella della precedente emissione di ambrogini, più massiccia.
Al dritto fu posto il nome ed il titolo del re (henricvs rex), mentre quello della città passò al rovescio
al posto di quello del santo, il cui nome venne omesso.

      Nel CNI il nominale maggiore è indicato semplicemente come grosso, mentre gli Gnecchi ne
specificano il valore identificandolo in un grosso da due soldi ma senza indicarne le motivazioni. La
Collezione Reale comprende sei esemplari (cat. nn. 322-327) il cui range ponderale varia da g 3,81 a
g 2,27, con quest’ultimo peso che appartiene però ad un esemplare fortemente tosato. La media dei
pesi calcolata su quattro esemplari è di g 3,76112. Il nominale minore sia sul CNI che dagli Gnecchi
è invece chiamato soldo. I pesi dei due esemplari della collezione di Vittorio Emanuele III sono g
1,89 e g 1,76 (cat. nn. 334-335). Per quanto riguarda i titoli, gli Gnecchi riportano per l’ambrogino
grosso quelli di 912 e 906 ‰, mentre per l’ambrogino piccolo indicano un titolo di 906 ‰113.

      Rispetto a quello “repubblicano” il nuovo ambrogino piccolo aveva un peso leggermente più
basso ma, almeno nelle intenzioni di Enrico VII, il suo valore doveva essere maggiore. Nell’editto
del novembre 1311 al vecchio ambrogino fu imposto un cambio di otto imperiali nuovi, mentre
quello dell’imperiale grosso fu fissato in dodici denari. Contemporaneamente, anche per i grossi
piacentini, pavesi e bresciani, che possedevano le stesse caratteristiche dei vecchi ambrogini, fu
ordinato lo stesso cambio di otto denari imperiali nuovi. Le vecchie monete venivano dunque va-
lutate 1/3 in meno rispetto al loro valore reale. Finché il re restò in Lombardia le prescrizioni furono
rispettate, ma con la sua assenza divennero lettera morta e i cambi tra le varie specie monetali tor-
narono ad essere quelli reali “di mercato”114.

      Se il valore dell’ambrogino nuovo piccolo era di un soldo di denari imperiali nuovi, per quanto
detto quello dell’ambrogino grosso doveva essere di due soldi. Questo rapporto di cambio è avva-
lorato dalla citazione nella grida dell’aprile 1315 di un ambrogino novo grosso d’argento al quale
viene attribuito proprio il valore di due soldi115. Il rapporto tra esso e quello assegnato al grosso
tornese, di due soldi e quattro denari, suggerisce per la moneta milanese un fino di ca. g 3,3, che
è molto vicino a quello effettivamente calcolato per l’ambrogino grosso116. Un altro riferimento alla
stessa moneta sembra essere contenuto negli statuti del Comune di Parma datati 14 aprile 1325,
in cui si legge che pensa ambrosinorum grossorum valoris duorum sol. Imperialium sit ed debeat
ponderis quatuor placentinorum minus medio grano117. Queste potrebbero essere state le ultime
emissioni di ambrogini della zecca di Milano118.

      Si fa infine notare come l’esemplare cat. n. 324 presenti un trifoglio rivolto verso l’alto sulla
base dello scranno, tra i piedi del santo, mentre quello cat. n. 325 si contraddistingua per la man-
canza della croce ad inizio della leggenda del dritto.

Imperiali grossi “con l’aquila” (cat. nn. 328-333)
      La moneta è indicata sul CNI con il nome di grosso “con l’aquila”. Come già accennato, in Col-

lezione ve ne sono sei esemplari (cat. nn. 328-333). Questa tipologia è caratterizzata della rappre-
sentazione dell’aquila imperiale al dritto e una croce patente al rovescio, accantonata da trifogli con
un lungo stelo uscente dal centro della croce stessa. La leggenda henricvs rex del dritto continua al
rovescio con l’iscrizione semper avgvstvs. Si tratta di una tipologia atipica per la zecca milanese che per
lo stile dell’aquila ricorda da vicino i grossi aquilini tirolesi e i grossi pisani, mentre la croce accantona
dai trifogli del rovescio può ricordare la doppia croce dei grossi tirolini. Non se ne conoscono varianti
sostanziali e l’unica particolarità che a mia conoscenza può eventualmente differenziare gli esemplari
sembra essere la presenza o meno di un piccolo punto prima della “S” ad inizio della leggenda di
rovescio (.semper avgvstvs). Il peso medio dei sei esemplari in Collezione è di ca. g 2,8119. Gli Gnecchi

                                                                                                                   15
   10   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20