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Notiziario PNS n. 14.2/2021 9
sono dentro alcune stampe di medaglie et altri ferri, una tasca con alcune stampe di monete,
una con alcune mostre di monete false, una tascha piena di medaglie, la bilancia come si usa
in zecha, una scatola senza coperchio con alcune medaglie». Si disegna così un panorama
collezionistico fatto certamente di collezioni d’arte e di preziosi volumi legati all’erudizione
storica, ma anche di oggetti che provenivano da una precoce e acerba ricerca numismatica o
che erano – come la bilancia, i conî monetali o le monete false – strettamente legati all’attività
di zecca, luogo ove si radunavano le monete ritirate dal corso o le falsificazioni individuate .
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2. Il ruolo della zecca e il collezionismo erudito
La zecca torinese è quindi fin dalla prima ora un luogo “naturale” di collazione (e colle-
zione) di materiale numismatico e, non a caso, si stanzia e sviluppa nel quartiere del potere.
La sede originaria dal XV secolo era in contrada Cappel Verde, nel luogo dove ora si trova il
settecentesco palazzo del seminario Arcivescovile, in una casa di proprietà della famiglia de
Gorzano. La sua importanza doveva essere però cresciuta rapidamente, se già nel XVI secolo
aveva occupato una seconda casa attigua, di proprietà dell’Ospedale di san Giovanni. Solo
nel 1677 viene appaltata la costruzione della nuova sede, adiacente alla Cavallerizza ducale
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lungo la via che prese appunto il nome di via della Zecca (oggi via Verdi) (fig. 3) . È quindi
logico supporre che proprio in questo ambiente si siano formati i primi interessi eruditi circa
il collezionismo numismatico, in qualche modo complementari a quelli dei sovrani sabaudi
e della corte.
Ed effettivamente molte sono le menzioni archivistiche e documentarie che fotografano
la presenza, a fianco delle raccolte ducali e poi reali, di altre raccolte, a queste connesse, e
attivamente circolanti.
La stessa Jeanne Baptiste d’Albert de Luynes, contessa di Verrua (Parigi, 1670 – 1736),
nobildonna francese e favorita di Vittorio Amedeo II di Savoia aveva acquistato a Ginevra,
con l’intermediazione del priore Francesco Antonio Renzi, parte dell’importante medagliere
milanese del conte Francesco Mezzabarba Birago, morto nel 1697 e il cui patrimonio stava
andando disperso: la collezione ha tuttavia seguito la contessa quando questa, il 4 ottobre
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1700, rientrò improvvisamente a Parigi, portando via i suoi tesori .
Ma già prima di lei, un ruolo significativo nell’ambito collezionistico era stato ricoperto
dai medici della Casa Reale, che, in qualità di uomini di cultura, ricoprivano anche il ruolo
di collezionisti di antichità e d’arte. È il caso ad esempio di Jacopo Francesco Arpino (Tori-
no 1610 circa – 1684), “Conseglier e medico di camera di S.A.R.” : nell’inventario autografo
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del suo “Gabinetto” (1666 circa), mescolando indistintamente e secondo un’organizzazione
tutt’altro che lineare, monete e medaglie, cita come prima classe quella delle “monete conso-
lari d’argento”, tra cui compaiono però anche esemplari greci di Rodi, Massalia e riferiti ad
Alessandro Magno. La seconda comprendeva invece “medaglie o monete antiche d’argento”,
che racchiudeva soprattutto monete imperiali, ma anche una medaglia per il poeta Virgilio; la
terza classe, “altre medaglie meno antiche d’argento o siano monete”, riuniva invece monete
Fig. 3 – La ex sede della Zecca settecentesca in Via
Verdi. © MRT.
Il MonetIere del Museo dI AntIchItà: storIa delle collezIonI E. Panero
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Libro PNS 14_2.indb 9 23/11/2021 18:22:52
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