Page 11 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 36-2015
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Roma, Museo Nazionale Romano Collezione di Vittorio Emanuele III
Bollettino di Numismatica, Materiali 36 (2015) D. Fabrizi - A. Giuliani
per Giacomo (o Iacopo) da Montagano (ante 1450 - ante 1472) , signore di Limosano e compagno
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di ventura del Monforte. Il ruolo di queste coniazioni autonome, destinate innanzitutto a finanziare
le milizie filoangioine impegnate nella prima Congiura dei Baroni (1459-1465), e il censimento di
tipi “ibridi” , fanno ipotizzare una lavorazione itinerante delle monete, o quanto meno di una parte
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di esse, le cui matrici seguivano forse gli spostamenti dei due feudatari.
• Zecca di Rocca San Giovanni (Abruzzo Citra): schedate in letteratura come tessere, medaglie o get-
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toni di Innigo II d’Avalos (1497-1504) , primo marchese del Vasto, le coniazioni del gran camerario
Innigo (o Innico) d’Avalos (†1484), conte di Monteodorisio e, dal 1453, per dote, marchese titolare
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di Pescara, sono state identificate come tali nel 2013 da Giuliani e Perfetto. Distinguibili, dal titolo
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marchionale , per epoca di emissione, ad una zecca incerta (Napoli?, su commissione?) è da attribu-
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ire il nominale in rame (senza titolo, databile 1449-1453) con peso da 4 tornesi (g 7,76) , alla zecca
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di Rocca San Giovanni (con il titolo, databili 1453-1456) quelli in oro , argento e rame (con peso
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da 3 tornesi, unico peso rilevato g 5,81) . Coniazioni attestate da Tommaso Palma, segretario di
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casa d’Avalos, nel suo Compendio Istorico del 1690, dove si apprende che la nobildonna Antonella
d’Aquino, moglie di Innigo ed ereditiera del Marchesato, sulla Rocca di San Giovanni faceva battere
moneta coll’impronta proprio di qu[e]i Conti, ed anche si praticò in tempo del primo prenominato
don Innico, come si scorge in varii metalli che si conservano così di rame, come d’argento e d’oro .
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Le zecche (secc. XIV-XV)
L’attività è poco documentata dagli archivi, che non hanno ancora restituito i termini di concessione
e appalto, i nomi degli ufficiali e delle maestranze, i siti e le operazioni di allestimento delle officine e dei
conî, la distribuzione di moneta e le valute di conto in ambito periferico e centrale. I materiali a datazio-
ne certa non vanno oltre il XV secolo ma, dopo la caduta della monarchia aragonese, che una politica di
respiro europeo spingeva verso la modernizzazione degli organismi statali, sembra difficile una ripresa
dei cicli produttivi in aree disomogenee. La conferma viene dalla seduta della Camera aquilana del 26
dicembre 1507, quando gli eletti, preoccupati dalla possibile apertura di altre zecche da parte del go-
verno spagnolo, chiedevano se faccia intendere ad lu prefato signore viceré che ià era ordine antiquo et
laudabile che in altri lochi, che in Napoli et in Aquila, non se fecea zecca, protestando che non se habia
ad bactere zecca in altri lochi che in Napoli et in questa cità, secundo el solito .
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Più in generale e limitatamente alla prima invasione francese, il 6 maggio 1495, con il privile-
gium de [hini]bitione siclarum Sulmonis, mirato a tutelare la bontà monetaria (prescrizione sul peso
delle monete, in particolare quelle di rame) e le finanze pubbliche, Carlo VIII di Valois revocava
tutte le licenze di zecca da lui concesse alle varie universitates, lasciando in esercizio solo quelle
di lungo corso (Napoli e Aquila) , ritenute affidabili: cum consilio et deliberatione matura maestas
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nostra concesserit civitati Sulmonis et aliis locis huius nostri Regni licentiam in eis cudendi siclam,
et nunc comperimus huiusmodi licentiam non habuisse nisi civitatem Neapolis et Aquile, et quia
etiam ex multis siclis posset diversitas stamparum oriri et monete adulterari in grave damnum regii
fisci nostri et rei publice h[u]ius Regni, ea propterea deliberate et consulte et de nostra certa scientia
et motu proprio huiusmodi licentiam dicte [ci]vitati Sulmonis concessam et quibus libet aliis locis
revocamus, annullamus, cassamus, irritamus et viribus evacuamus, quoniam ut iam diximus dic-
tam licentiam cudendi siclam nolumus haberi nisi per civitatem Neapolis et Aquile ubi solitum fuit
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siclam cudi seu regi et fabricari et monetam cudi . In assenza di fonti dirette, la presenza del titolo
comitale sui cavalli di Pardo Orsini, che prima di quella data non aveva ancora raggiunto la dignità
feudale , lascia intuire un’esclusione del provvedimento per le licenze ad personam , da estendere
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perciò fino al 1496, anno in cui cessava l’occupazione francese nel Regno di Napoli.
Nell’Archivio di Stato L’Aquila è stato rintracciato il bando 31 gennaio 1497, firmato da Alfonso d’A-
ragona, luogotenente generale del Regno di Napoli , per vietare nel territorio abruzzese la produzione
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dei cavalli e abolire quelli risalenti all’occupazione francese: ad tucte et singule cità, terre et lochi delle
Provincie de Apruzo et ad altre persone habitante et commorante in epoca tanto regnicola come forestera
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