Page 5 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 20-2014
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Roma, Museo Nazionale Romano	     Collezione di Vittorio Emanuele III
BdN online, Materiali 20 (2014)                       Stefano Di Virgilio

                La zecca di Bologna

                             Parte IV
Da Giulio II (1503-1513) a Clemente VII (1523-1534)

                      di Stefano Di Virgilio

Tra Giulio II e Adriano VI
      Con l’arrivo di Giulio II nel 1506 la restaurazione del potere pontificio sulla città di Bologna

fu definitiva, con l’eccezione della brevissima parentesi dei fratelli Annibale II ed Ermes Benti-
voglio (figli di Giovanni II) che provarono a riconquistare la città, resistendo quasi un anno tra il
1511 ed il 1512. Spazzato via anche l’ultimo tentativo bentivolesco, il governo papale su Bologna
non venne da allora più contestato. L’autorità governativa sulla città venne affidata congiunta-
mente al cardinale legato, di nomina papale, e al Senato, composto dai membri delle famiglie
nobili bolognesi. Col placet papale i membri del Senato bolognese, oltre al godimento di ampi
privilegi, erano eletti a vita e in questo modo il legame della nobiltà cittadina col papato si rese
indissolubile1.

      Dal punto di vista della politica monetaria, con Giulio II ripresero con vigore i tentativi di uni-
formare la moneta bolognese, ancora basata sul bolognino, a quella romana, basata sul baiocco, che
sostituiva a sua volta il bolognino romano, vittima di un lungo processo di svalutazione2. Già nel
1504 Giulio II volle riformare la moneta d’argento cominciando dallo svalutato grosso papale, che
venne sostituito con una nuova moneta del valore di 10 baiocchi denominata giulio, proprio come
il nome del Pontefice; caratteristica peculiare di questa moneta è che assumerà di volta in volta,
anche nei documenti ufficiali, il nome del Pontefice di turno, quindi leone, paolo, gregorio, sisto per
poi conservare definitivamente la denominazione di giulio, il cui valore rimarrà di 10 baiocchi fino
al 1866.

      I tentativi di riformare la monetazione pontificia proseguirono anche sotto Leone X che, col
motu proprio del 3 giugno 1519 diretto a tutte le zecche delle città sotto il dominio della Chiesa,
stabiliva una certa uniformità dei nominali da battersi. Anche questa riforma però incontrò non
poche resistenze tanto che a Bologna non venne quasi per nulla attuata. Secondo il motu proprio
si sarebbero dovuti coniare …Leoni d’argento dei quali 10 facessero un fiorino d’oro di came-
ra…3: il valore della moneta era quindi stabilito a 10 baiocchi, che a Bologna corrispondevano a
6 soldi e 8 denari, ovvero 40 quattrini bolognesi. Per distinguerlo dai tipi precedenti, il leone “del
motu proprio”, identificato da M. Chimienti come “di terzo tipo”4, mostrava al dritto il busto del
Papa a destra e al rovescio la tradizionale figura del leone vessillifero rampante. Questa tipologia
di moneta ebbe un ottimo successo a Bologna e anche fuori dalla città, tanto da divenire uno dei
nominali più caratteristici della zecca. In seguito, sotto Paolo III, assunse il valore di 10 soldi e
il nome di bianco, venendo battuto per tutto il secolo XVI fino agli inizi del secolo successivo,
sotto Paolo V5.

      La produzione del bianco si interruppe con Urbano VIII, per poi essere reintrodotto sotto In-
nocenzo XI col valore di 12 soldi; in seguito verrà battuto sporadicamente fino al 1795, sotto Pio VI,
sempre con le consuete effigi del busto papale al dritto e del leone al rovescio, salvo pochissime
varianti.

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