Page 6 - Bollettino di Numismatica on line - Materiali n. 29-2015
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Roma, Museo Nazionale Romano	     Collezione di Vittorio Emanuele III
BdN online, Materiali 29 (2015)                         Andrea Saccocci

in tutto il Triveneto, territori lagunari compresi, mentre quella delle altre zecche presenti nell’area
per lo più non sembrava varcare i confini del contado della città di appartenenza7. Da qui la con-
clusione che la moneta veronese fin quasi alla metà del XIV secolo rappresentasse ufficialmente il
numerario principale di tutta l’area, mentre le valute concorrenti si sarebbero limitate ad adeguarsi
al suo valore, seguendone evidentemente i movimenti al rialzo o al ribasso. In seguito lo studio di
questo distretto monetario e di conseguenza del concetto stesso di area monetaria è divenuto uno
dei principali temi di ricerca dello scrivente, proprio per l’impossibilità di spiegare con le conclusio-
ni di Murari l’evidente contraddizione tra le fonti scritte e i dati di rinvenimento che nel frattempo
stavano emergendo sempre più abbondanti. Questi ultimi infatti fornivano un’immagine assai più
varia di quanto non facessero i documenti d’archivio, immagine caratterizzata dalla diffusa e ubiqui-
taria presenza delle monete di tutte le zecche attive nell’area, senza alcuna significativa distinzione
statistica fra una monetazione dominante (quella veronese) e monetazioni minori a supposta voca-
zione soltanto locale. Le sole distinzioni riguardavano in caso i diversi ambiti cronologici e i diversi
nominali, che ovviamente potevano presentare diversi modelli di distribuzione per zecche8. L’unica
plausibile spiegazione di questa contraddizione ci è apparsa quella che nella Marca veronese, a se-
guito della sua disgregazione politica, i termini librae, solidi e denarii veronenses fossero rimasti in
uso per indicare non più unicamente gli esemplari veronesi effettivi, ma anche tutte le monete che
nel tempo si erano affiancate ad essi con lo stesso valore nominale, indipendentemente dalla zecca
di provenienza. In altre parole le obbligazioni in moneta veronese registrate nelle fonti contabili col
tempo finirono con l’essere assolte anche da qualsiasi altra valuta prodotta nelle Venezie9.

      Proprio partendo da queste osservazioni relative all’area monetaria “veronese”, abbiamo al-
largato la nostra indagine alla circolazione delle regioni vicine, giungendo quindi ad una nuova
definizione di “area monetaria” valida per tutto il Regno d’Italia: mercato comune monetario, asso-
lutamente non ufficiale, al quale erano ammesse solo alcune valute basate su alcune tradizionali
unità di conto …e nel quale, come conseguenza, il valore di queste unità era dato nel lungo periodo
non dai movimenti di alcune valute dominanti, ma dall’influenza reciproca di tutte le monetazioni
coinvolte, soprattutto attraverso gli effetti della cosiddetta Legge di Gresham10. Forse oggi attenue-
remo un po’ quel assolutamente non ufficiale, visto che recentemente ci è parso di poter indivi-
duare anche alcuni elementi di natura giuridica, nella formazione di questi distretti monetari11; nel
complesso però tale definizione ci sembra ancora del tutto valida e quindi riteniamo opportuno
riproporla proprio per il territorio che in qualche modo ce l’ha “dettata”, quello afferente alla zecca
di Verona.

      L’ampia valenza territoriale della zecca di Verona, in un’area che di fatto rappresentava la cer-
niera fra Occidente e Oriente e, attraverso il mare, fra Settentrione e Meridione del “Mondo” così
come poteva concepirlo l’uomo medievale, contribuì non poco al grande ruolo svolto dalle conia-
zioni veronesi sia in Europa che nel Mediterraneo, anche se tale ruolo, per motivi che vedremo fra
poco, fino ad oggi non è forse stato pienamente colto dalla ricerca numismatica12. Lasciando da par-
te gli inizi delle emissioni veronesi, sui quali torneremo discutendo di classificazione, già negli anni
immediatamente successivi alla nascita della Marca di Verona, nel 952, la moneta veronese dimostrò
una notevole capacità di incidere nel panorama monetario del tempo. È noto che Ottone I, quando
nel 962 divenne imperatore, attuò una importantissima riforma monetaria che stabilizzò il sistema
monetario del Regnum per oltre un secolo. Su tale riforma e sull’introduzione degli ottolini (i nuovi
denari a nome di Ottone) la bibliografia non manca13, ma finora è stato totalmente dimenticato il
fatto che il primo denaro riformato, sia per caratteristiche metrologiche che formali, fu introdotto
in precedenza proprio a Verona non da Ottone, ma dal suo nemico Berengario II (950-961) da lui
definitivamente spodestato proprio nel 961 (cat. nn. 2-5)14. Tale moneta, prodotta forse a partire
dal 956 con un titolo del 96% di argento, rappresentò un notevole recupero di qualità rispetto ai

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