Page 9 - Bollettino di Numismatica - Materiali n. 69-2018
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Roma, Museo Nazionale Romano                                           Collezione di Vittorio Emanuele III
            Bollettino di Numismatica, Materiali 69 (2018)                                      Alessandro Toffanin




            produrre moneta d’argento, ma si decise di farlo ugualmente per il bene pubblico e per favorire i
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            commerci  . I denari da soldi 7 sono identificabili nel grosso della Salamandra  con la sua metà a
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            soldi 3 e mezzo  . Nelle gride del tempo , i grossi da soldi 7 con la Salamandra erano appellati dinari
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            dala Salamandra e sempre distinti dai grossi da soldi 6 del periodo di Ludovico XII  che venivano
            appellati Ambrosini e valutati leggermente meno di quelli da soldi 7 .
                 Gli scudi d’oro del sole furono coniati per la prima volta nella zecca di Milano sotto la domi-
            nazione di Francesco I di Francia . Lo scudo d’oro del sole, introdotto in Francia da Luigi XI (1461-
            1483) , divenne rapidamente il nuovo riferimento europeo per la moneta d’oro . Era di titolo infe-
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            riore  al classico ducato d’oro e quindi soggetto a una valutazione più bassa . A titolo di esempio
            nella grida del dicembre 1515  quando il ducato d’oro largo era valutato 5 lire, lo scudo del sole era
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            quotato 4 lire e sedici denari .
            La monetazione di Francesco II Sforza, duca di Milano (1521-1535)
                 Il periodo di Francesco II Sforza fu quello maggiormente turbolento, caratterizzato da guerre,
            epidemie, carestie ed eserciti stranieri in città . Le vicende del Duca, chiuso nel castello e poi co-
            stretto in altre città del Ducato fino al 1530, non potevano che peggiorare la situazione economica
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            di Milano: il valore del ducato d’oro volò infatti dai 105 soldi del 1522  ai 123 soldi del 1529 con il
            classico testone della riforma del 1474 che raggiunse i 32 soldi  .
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                 Si ha notizia di un tentativo, nel 1522, di emettere moneta nuova dal valore di 3 soldi e mezzo
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            con nuove impronte , a cui però fece immediatamente seguito una proroga in quanto non erano
            ancora pronti i nuovi conii  .
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                 Dalle gride degli anni compresi tra il 1522 e il 1530  si rileva l’introduzione nel Ducato di una gran-
            de quantità di monete fabbricate in zecche forestiere, che causarono una fluttuazione giornaliera del
            corso dell’oro ma che, introdotte sul mercato con un valore, debitamente saggiate hanno poi svelato un
            valore assai inferiore  . In particolare si cercò di regolamentare o vietare la circolazione di monete pro-
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            venienti dalle zecche di Casale, Saluzzo, Messerano, Desana, Torino, Chivasso, Carmagnola, Mirandola,
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            Crevacuore, Concordia, Piacenza e Parma  e ancora di Valtaro, Bellinzona e Mesocco  .
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                 Nella grida del 15 ottobre 1529 , con il ducato in oro valutato 123 soldi, compare per la prima
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            volta anche un grossone della zecca di Milano da soldi 20 e portato a soldi 21, cioè alla stessa tarif-
            fa dei mocenighi o berlinghe e troni veneziani a cui risulta allineato . Tale moneta non può essere
            identificata con il classico testone che era valutato 32 soldi né con il grossone da soldi 18 di Ludo-
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            vico XII  che nella medesima grida era valutato 25 soldi . Il grossone, introdotto prima dell’ottobre
            del 1529 con un valore da soldi 20 e allineato al mocenigo, berlinga o trono veneziano è con ogni
            probabilità identificabile con quello che i numismatici chiamano grosso da soldi 15?  .
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                 Difficile operare una distribuzione cronologica e assegnare un nominale esatto alle monete cono-
            sciute di Francesco II Sforza in quanto il loro valore cambiò rapidamente nel corso degli anni in funzio-
            ne del prezzo del ducato d’oro che subì notevoli fluttuazioni . Sembra, a un primo esame, che la maggior
            parte della monetazione sia posteriore al 1530, data compatibile con il rientro del Duca a Milano e con
            un periodo in cui la nuova amministrazione sforzesca cercò di risanare le casse dello Stato . All’inizio
            del 1530 il prezzo del ducato d’oro arrivò a 115 soldi e i testoni a 30 soldi, i grossi di Francesco I con la
            salamandra da 7 soldi furono di conseguenza valutati 8 soldi e i grossi da soldi 6, chiamati ambrosini,
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            valutati 7 soldi e 6 denari, e le loro metà di conseguenza  . Dopo il 1530 Francesco II, al governo del
            Ducato finalmente in maniera stabile e pacifica, tentò di riportare la stabilità economica e il valore del
            ducato in oro cominciò gradualmente a calare per stabilizzarsi a 104 soldi .
                 Nella grida del 28 novembre 1530 , quando il ducato d’oro era a 115 soldi, comparvero citate
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            per la prima volta monete con valore da 10 e da 5 soldi che dal successivo gennaio, con il ducato
            in oro portato a 110 soldi, si sarebbero dovute spendere per soldi 9 e denari 6 (alla stessa tariffa
            dei marcelli veneziani) le prime e soldi 4 e denari 9 le seconde . Tali monete risultano essere i sot-

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